di Michele Giorgio –
Pagine Esteri, 25 marzo 2022 (nella foto il Muro israeliano e il posto di blocco di Qalandiya/commons.wikimedia) – Il segretario di stato Usa Blinken arriverà domani in Israele – prima tappa del tour che lo porterà anche in Marocco e Algeria – per parlare di Iran, degli Accordi di Abramo e, più di tutto, dell’occupazione russa dell’Ucraina. Ma non affronterà, o lo farà solo di striscio, l’occupazione israeliana dei Territori palestinesi che dura da quasi 55 anni. Occupazione che si adatta e diventa sempre più tecnologica. Il quotidiano Haaretz riferiva ieri che i soldati israeliani nella Cisgiordania occupata hanno ricevuto l’ordine dai loro comandanti che in qualsiasi turno a un posto di blocco o posto di guardia dovranno inserire le foto di almeno 50 palestinesi nel Blue Wolf. Si tratta di un database, utilizzato dall’esercito negli ultimi due anni e mezzo, in cui vengono caricate foto e informazioni dettagliate – numero di carta d’identità, età, sesso, residenza, numero di targa della sua auto, amicizie, contatti – di un gran numero di palestinesi, per tracciarli ovunque e in qualsiasi momento. Il Blue Wolf è un cugino del più celebre – e famigerato – Pegasus, lo spyware che l’azienda israeliana Nso in questi ultimi anni ha venduto a mezzo mondo, inclusi i paesi arabi, consentendo ai servizi segreti di dittature e regimi autoritari di accedere alle conversazioni telefoniche, ai messaggi e alle e-mail di attivisti dei diritti umani, dissidenti, oppositori politici e giornalisti. Haaretz ha aggiunto che se un soldato non raggiunge la quota fissata dai suoi superiori sarà lasciato in servizio fino al raggiungimento dell’obiettivo dei 50 contatti.
Il Washington Post qualche mese fa rivelò l’uso massiccio del Blue Wolf a Hebron e in altri punti della Cisgiordania. I militari israeliani scelgono a caso i palestinesi – compresi bambini e anziani – scattano foto con i telefoni cellulari e poi caricano i dati sul sistema. Secondo Haaretz alcuni soldati delle unità di combattimento avrebbero protestato poiché l’espansione del database è diventato il loro compito principale nei Territori occupati. Il portavoce militare si è rifiutato di commentare le rivelazioni di Haaretz sostenendo di non poter discutere delle «capacità operative e di intelligence» dell’esercito. La notizia del controllo digitale dei palestinesi giunge mentre il canadese Michael Lynk, relatore speciale delle Nazioni Unite per i Territori occupati, accusa Israele di Apartheid unendosi così alle posizioni espresse nell’ultimo anno da centri per la difesa dei diritti umani internazionali, israeliani e palestinesi.
L’ultimo in ordine di tempo è stato Amnesty International. Lynk, un docente universitario scelto dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite per indagare su violazioni e abusi nei Territori occupati, non ha fatto un paragone diretto con l’apartheid sudafricano, dove una minoranza bianca governava e opprimeva un’ampia maggioranza nera. Ha però affermato che la definizione legale di Apartheid sancita dal diritto internazionale può essere usata anche nei confronti di Israele. Ha fatto riferimento in particolare al sistema legale a due livelli applicato nei confronti di cittadini israeliani residenti in Cisgiordania (i coloni) e dei palestinesi sotto occupazione militare. «Nel territorio palestinese che Israele ha occupato dal 1967 – ha scritto Lynk nel suo rapporto presentato all’Onu – ci sono cinque milioni di palestinesi apolidi che vivono senza diritti, in un acuto stato di sottomissione e senza alcuna strada verso l’autodeterminazione o lo Stato indipendente che la comunità internazionale ha ripetutamente promesso. Le differenze nelle condizioni di vita e nei diritti e benefici della cittadinanza sono nette, profondamente discriminatorie e mantenute attraverso un’oppressione sistematica e istituzionalizzata». Per il governo israeliano, le affermazioni di Lynk sono prive di fondamento e non terrebbero contro della «minaccia terroristica». Pagine Esteri