di Marco Santopadre*

Pagine Esteri, 4 novembre 2023 – Mercoledì Emmanuel Macron ha iniziato un viaggio in Asia Centrale che lo ha portato prima in Kazakistan e poi in Uzbekistan. Un anno fa erano stati i leader dei due paesi ad essere ricevuti all’Eliseo.
Nelle due repubbliche ex sovietiche l’influenza di Mosca si sta via via allentando e ad approfittarne sono stati soprattutto la Cina, la Turchia e, appunto, Parigi.
Il Kazakistan e l’Uzbekistan sono due paesi centrali per gli equilibri geopolitici dell’area, grazie alla loro posizione, al centro di un crocevia tra est e ovest e tra sud e nord che ha stimolato l’attivismo di numerose potenze, e alle ricchezze del sottosuolo.

Macron a caccia di uranio e petrolio
Il Kazakistan, ricco di petrolio, è diventato un produttore ancora più importante dopo la decisione dell’Unione Europea di trovare nuovi fornitori in sostituzione della Russia, punita dopo l’invasione dell’Ucraina.
Inoltre Astana è il maggiore esportatore di uranio al mondo. Dopo il golpe del 26 luglio in Niger, che ha messo in discussione la presa francese sull’ex colonia, Parigi è alla ricerca di nuove fonti del prezioso minerale per bilanciare il blocco delle importazioni dal paese africano, che finora copriva il 15% del fabbisogno di combustibile delle 18 centrali nucleari dell’Esagono.
Di qui la prioritaria necessità di aumentare gli approvvigionamenti provenienti dal Kazakistan, dove l’impresa francese Orano (il cui presidente accompagnava Macron) sfrutta già una miniera di uranio nel paese che da sola copre il 12% dell’intero fabbisogno di Parigi e gestisce una joint venture con l’azienda nucleare statale Kazatomprom. Inoltre il gigante energetico francese EDF potrebbe aggiudicarsi la realizzazione della prima centrale nucleare del Kazakistan realizzata dopo lo smantellamento di quelle costruite in epoca sovietica. Astana soddisfa già il 40% del fabbisogno francese di uranio (e il 25% di quello complessivo europeo) ma Parigi spera che le forniture possano aumentare notevolmente, come d’altronde quelle di greggio.
«Poiché l’energia nucleare rappresenta il 63% del settore energetico francese, esiste un enorme potenziale per un’ulteriore cooperazione. I nostri interessi convergono anche quando si tratta di raggiungere zero emissioni di carbonio in futuro» ha affermato il presidente kazako Kassym-Jomart Tokayev, riferendosi anche ai progetti di cooperazione firmati con Parigi nel campo delle energie rinnovabili, oltre che nel comparto farmaceutico.

Inoltre Orano ha annunciato l’avvio delle prime attività di estrazione del minerale in Uzbekistan proprio in concomitanza con l’arrivo del presidente francese a Samarcanda. Se il Kazakistan è attualmente il primo produttore mondiale del combustibile nucleare, la seconda tappa del tour francese in Asia Centrale è il quinto. Pochi giorni fa Parigi ha già firmato un altro accordo con la Mongolia, che però è un produttore abbastanza marginale di uranio e deve fare i conti con un agguerrito movimento che contesta i metodi estremamente inquinanti di estrazione.


Relazioni economiche privilegiate
Parigi ha da tempo elevato le relazioni economiche con Astana al livello del partenariato strategico che la visita di Macron mira a rafforzare e accelerare. Nel 2022 gli scambi commerciali tra Francia e Kazakistan hanno raggiunto i 5,3 miliardi di euro, principalmente nel campo degli idrocarburi. Parigi è già il quinto investitore nel paese centrasiatico davanti alla Cina, con 771 milioni di dollari di investimenti nel 2022, un incremento del 28% rispetto all’anno precedente. Il gigante energetico francese Total (al pari dell’italiana Eni) controlla il 17% del capitale del consorzio che sfrutta il giacimento petrolifero di Kashagan, nel Mar Caspio.

Ad Astana Macron e Tokayev hanno firmato una dichiarazione d’intenti per una partnership nello strategico settore delle terre e dei metalli rari (allo scopo di ridurre la dipendenza da Pechino) mentre Parigi importa già dal Kazakistan il 20% del titanio utilizzato dalla sua industria aerospaziale. Le francesi Alstom e Thales potrebbero ottenere un commessa, rispettivamente, per la produzione di treni elettrici e per la vendita di radar militari.

Con l’Uzbekistan gli scambi commerciali sono assai più ridotti ma in rapida crescita, avviati verso la simbolica soglia del miliardo di euro l’anno. Inoltre Macron si è impegnato con il presidente uzbeko Shavkat Mirziyoyev a facilitare il varo di un Trattato di Cooperazione tra Bruxelles e Tashkent e a intercedere per l’ingresso del paese nell’Organizzazione Mondiale del Commercio.

Uranio non olet
Né a Parigi né a Bruxelles sembra interessare che entrambi i paesi siano governati da regimi fortemente autoritari, che di fatto impediscono la libera espressione del dissenso e lo sviluppo di un’opposizione politica.
Il presidente francese ha anzi elogiato le “riforme” di Mirziyoyev – che nel 2017 ha aperto l’Uzbekistan al commercio internazionale – e la capacità di Tokayev di mantenere la stabilità nel suo paese. Poco importa che la suddetta “stabilità” sia stata imposta con una repressione – supportata dalle truppe inviate dai paesi del CSTO guidato da Mosca – che nel 2022 è costata la vita a centinaia di manifestanti.

Tanto la Francia quanto l’Unione Europea vogliono approfittare del fatto che l’Uzbekistan e soprattutto il Kazakistan, che hanno basato la propria crescita economica soprattutto sull’esportazione degli idrocarburi, del carbone e dell’uranio, intendono ora differenziare velocemente gli investimenti, ponendosi al centro di una fitta rete di relazioni commerciali in virtù della propria posizione geopolitica.

Riserve di uranio del Kazakistan

La Russia arretra
Per un certo numero di anni dopo lo scioglimento dell’URSS, Kazakistan e Uzbekistan sono rimaste nell’orbita politica, economica e militare russa, ma negli ultimi anni hanno accelerato un processo di allontanamento da Mosca iniziato da più di un decennio. La Federazione Russa rimane il partner principale delle due repubbliche, che però stanno sviluppando rapporti sempre più intensi con altre potenze, puntando a giocare su più tavoli.
Anche a costo di prendere esplicitamente le distanze da Mosca, come è avvenuto dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Tanto Astana quanto Tashkent hanno aderito alle sanzioni varate da Ue e Nato contro la Federazione Russa, si sono rifiutate di riconoscere l’annessione delle regioni ucraine occupate e si sono offerte come sostituti di Mosca nella fornitura di gas e petrolio all’occidente, diventando un nodo nei collegamenti tra Europa e Cina che bypassa la Russia.

Una scelta ovviamente apprezzata da Macron che ha elogiato Tokayev e ha affermato di non sottovalutare «in alcun modo le difficoltà geopolitiche, le pressioni (…) che alcuni attori potrebbero esercitare su di voi».

A ottobre i ministri degli Esteri del Kazakistan e dell’Uzbekistan, insieme a quelli del Kirghizistan, del Tagikistan e del Turkmenistan, si sono riuniti per la prima volta con i loro omologhi dei 27 paesi dell’Unione Europea. A settembre era stato invece Joe Biden ad incontrare i leader dei paesi centrasiatici ai margini dell’Assemblea generale dell’ONU.

Di fronte al consolidamento del ruolo francese e genericamente occidentale nel suo cortile di casa, la Russia fa buon viso a cattivo gioco – Mosca rimane, almeno formalmente, il partner strategico di Astana e Tashkent – ma non è affatto contenta.
Mercoledì il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha affermato che il Kazakistan, in quanto stato sovrano, è libero di sviluppare legami con qualsiasi paese. Ma pochi giorni prima il ministro degli
Esteri Sergei Lavrov aveva accusato l’occidente di tentare di allontanare da Mosca i «vicini, amici e alleati» della Russia.
«Gli Stati Uniti e i loro alleati stanno cercando di sostenere il sentimento nazionalista, diffondendo menzogne, manipolando l’opinione pubblica, anche attraverso Internet e i social network» aveva già chiarito a giugno Alexander Shevtsov, deputato del Consiglio di sicurezza russo.

Ma la Russia non deve preoccuparsi soltanto dell’invadenza francese ed europea. Negli ultimi anni la Cina ha stretto forti legami con il Kazakistan, investendo ingenti risorse nelle infrastrutture del paese, integrandolo nei corridoi previsti dalla “Nuova Via della Seta” e soppiantando in vari campi la primogenitura di Mosca.

E proprio a ridosso di Emmanuel Macron, a stringere accordi con le repubbliche dell’Asia Centrale sono arrivati giovedì e venerdì prima il premier ungherese Viktor Orban e poi il presidente turco Recep Tayyip Erdogan. – Pagine Esteri

* Marco Santopadre, giornalista e saggista, già direttore di Radio Città Aperta di Roma, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive, tra le altre cose, di Spagna, America Latina e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con il Manifesto, Catarsi e Berria.