di Marco Santopadre*

Pagine Esteri, 9 gennaio 2024 – Come da attese, l’inverno ha portato all’ampliamento della controffensiva dal cielo di Mosca. Dopo il fallimento di quella ucraina, ora la Russia punta sul fattore tempo e tenta di utilizzare la superiorità della propria macchina bellica per mettere alle strette Kiev.
Tra domenica e lunedì, in coincidenza con il Natale ortodosso, le forze armate russe hanno lanciato l’ennesimo attacco missilistico contro sei diverse città ucraine. Missili da crociera e bombardieri strategici sono stati lanciati contro Dnipro e Zaporizhzhia (nella regione di Dnipropetrovsk), Kryvyi Rih, Khmelnytsky e Kharkiv, distruggendo vari obiettivi civili e militari e provocando alcune vittime.

Centinaia di missili e droni sulle città ucraine
Negli ultimi giorni del 2023 Mosca aveva già lanciato il più grande attacco contro le città ucraine dall’inizio dell’invasione, arrivando a scagliare diverse centinaia di missili e droni contro Kiev e altre regioni, distruggendo obiettivi militari, infrastrutture ed edifici civili. In particolare, gli attacchi russi si sono concentrati contro le basi aeree, i radar, le batterie della contraerea e gli impianti per la produzione di droni e munizioni.

L’Ucraina tenta invece di mettere in difficoltà la Russia attaccando la città russa di Belgorod e diverse località della Crimea. A Feodosia, nella penisola annessa da Mosca nel 2014, gli ucraini sono riusciti a distruggere la nave da trasporto e da sbarco russa Novocherkassk. Mosca continua a dimostrare un’elevata vulnerabilità agli attacchi ucraini sul proprio territorio e nella penisola che si allunga nel Mar Nero, dalla quale ha dovuto progressivamente spostare una parte importante della propria flotta.

Alcuni analisti segnalano che Mosca sta ammassando truppe e mezzi a ridosso della regione di Kharkiv, la seconda città del paese assediata a lungo ma invano dai russi nella primavera del 2022. Approfittando delle difficoltà dell’artiglieria ucraina, i russi potrebbero lanciare presto un’offensiva di terra in grande stile per ri-occupare Kupyansk. Le autorità locali dell’oblast settentrionale di Chernihiv, invece, denunciano che Mosca potrebbe aprire un ennesimo fronte di terra nel loro territorio, confinante con la Russia e con la regione di Kiev. La mossa obbligherebbe Kiev a sguarnire il fronte orientale permettendo a Mosca di occupare più agevolmente altri territori in Donbass e nelle regioni attigue.

Mosca conquista Marinka
A ridosso di capodanno le truppe russe hanno già conquistato ciò che rimane della cittadina di Marinka, nell’oblast di Donetsk, ormai disabitata e rasa al suolo dai bombardamenti del 2014, del 2022 e delle scorse settimane. Si tratta della vittoria più significativa per Mosca, per quanto poco più che simbolica, dopo la conquista di Bakhmut. Continuano invece i combattimenti nelle zone di Avdiivka, fulcro delle difese ucraine nella porzione della regione di Donetsk che ancora controllano, dove l’esercito russo avanza lentamente e a costo di un numero elevato di perdite.

Sarà da vedere se Mosca tenterà veramente di ottenere costose conquiste territoriali o si limiterà a mantenere alta la pressione sulle truppe ucraine continuando nel frattempo a martellare le infrastrutture industriali e militari di Kiev per fiaccarne le difese e il morale. In generale la situazione sul campo, nonostante i piccoli progressi russi e la superiorità bellica di Mosca per quanto riguarda la disponibilità di truppe e munizioni, è sostanzialmente di stallo. Difficilmente la vittoria arriverà dai risultati sui campi di battaglia.

Uno scorcio di Marinka

Putin pronto ad un cessate il fuoco?
Ma se Mosca continuerà a reggere meglio di Kiev, com’è avvenuto finora, alla lunga la Russia potrebbe riuscire ad imporsi costringendo l’Ucraina – e la Nato – a riconoscere lo status quo.

Alla fine di dicembre il New York Times ha scritto che Vladimir Putin avrebbe discretamente fatto sapere alle controparti di essere disponibile ad un cessate il fuoco che però riconosca le conquiste territoriali di Mosca. Il Cremlino sarebbe disponibile a cessare i combattimenti a condizione che l’attuale linea del fronte venga congelata, consentendo così alla Russia di mantenere il possesso del 19% del territorio ucraino.

Anche se il presidente russo ha confermato, nel discorso di Capodanno, gli obiettivi declamati all’inizio dell’invasione – la “denazificazione” e la “demilitarizzazione” dell’Ucraina – Vladimir Putin starebbe da mesi caldeggiando un accordo “alla coreana” (un armistizio permanente senza il raggiungimiento di un accordo globale di pace) entro le elezioni presidenziali di marzo. Ciò permetterebbe la leader di Russia Unita di presentarsi alle urne da vincitore.

Si tratta di uno scenario assai improbabile, soprattutto a causa della totale opposizione dell’attuale governo ucraino e di buona parte dei comandi militari, mentre nella Nato, alle prese con il rischio di un allargamento del conflitto in Medio Oriente, un congelamento della situazione ad est potrebbe non dispiacere. Per far fronte alla penuria di soldati Kiev potrebbe ordinare la mobilitazione di 500 mila uomini, rimpolpando le truppe sempre più stanche e demoralizzate. Ma la riforma dei criteri di coscrizione è stata più volte annunciata ma finora mai attuata, a causa del malcontento che la misura genererebbe soprattutto nelle regioni dell’Ucraina centro-occidentale dove la vita è tornata ad una quasi normalità (bombardamenti russi a parte) e dove il coinvolgimento nello sforzo bellico appare sempre meno prioritario e dovuto.

Le conseguenze di un bombardamento a Kiev

La crisi di Kiev
Se appare difficile che una svolta avvenga nei prossimi mesi è anche vero che i segnali di crisi a Kiev sono sempre più evidenti, a partire dalle divisioni tra il governo e l’esercito e all’interno di quest’ultimo. Per non parlare del calo drastico degli aiuti economici e bellici da parte degli sponsor di Kiev che rendono lo schieramento militare ucraino sempre più vulnerabile e diffondono il “disfattismo” (o realismo) nella società e tra i soldati.

Il generale Zaluzhny attende con ansia l’arrivo degli elicotteri e dei caccia promessi da olandesi, danesi, norvegesi e belgi, ma i tempi di consegna e quelli per l’addestramento dei piloti degli F16 si stanno dilatando e le nuove, vitali risorse saranno disponibili solo tra alcuni mesi.

Questo mentre gli aiuti da USA ed UE arrivano ormai con il contagocce. Al Senato di Washington l’opposizione repubblicana continua a bloccare il pacchetto da 60 miliardi di aiuti mentre si capirà nei prossimi giorni se i capi di stato e di governo dell’Unione Europea riusciranno a sbloccare i 50 miliardi destinati a Kiev sui quali, alla riunione di dicembre, il premier ungherese Orban ha posto il veto. Il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba, in un’intervista a “El País”, si è detto fiducioso, spiegando che in caso di blocco l’Ucraina «non ha un piano B».

Senza ingenti e continue iniezioni di risorse da parte degli alleati l’economia ucraina non è in grado di reggere a lungo mentre, nonostante le sanzioni, nel 2023 quella russa è cresciuta del 3% e Mosca ha saputo ri-orientare velocemente una parte importante della propria bilancia commerciale verso nuovi partner, soprattutto in Asia.

La penuria di munizioni
Inoltre, avvisa ancora il New York Times citando funzionari della Casa Bianca e del Pentagono, presto Washington non sarà più in grado di fornire armi e munizioni all’Ucraina e di mantenere una fornitura costante di missili Patriot, indispensabili contro gli attacchi aerei. Al contrario Mosca ha aumentato sensibilmente, negli ultimi mesi, la sua capacità di produrre missili e munizioni e ha incrementato le proprie scorte acquistando un gran numero di proiettili e droni dalla Corea del Nord, dall’Iran e da altri partner. Secondo una stima del “Wall Street Journal”, dall’estate scorsa il numero di colpi di artiglieria sparati quotidianamente dagli ucraini è crollato da 7 mila a 2 mila, mentre i russi hanno raddoppiato la propria potenza di fuoco passando da 5 a 10 mila.

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky continua a diffondere messaggi contraddittori. Da una parte afferma che non è vero che la Russia stia vincendo la guerra e che anzi Mosca «può ancora essere sconfitta», definendo «investimento sulla libertà» i finanziamenti occidentali. Dall’altra però, in un’intervista al settimanale britannico “The Economist”, denuncia che l’occidente ha perso «la sensazione di urgenza» e che molti ucraini hanno perso «la sensazione di minaccia esistenziale». Nel frattempo le sue truppe scavano trincee ed erigono fortificazioni sulla linea del fronte, sperando che impediscano un sempre più temuto disastro. – Pagine Esteri

* Marco Santopadre, giornalista e saggista, già direttore di Radio Città Aperta, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive, tra le altre cose, di Spagna, America Latina e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con il Manifesto, Catarsi e Berria