di Marco Santopadre*

Pagine Esteri, 2 febbraio 2024 – A quasi due anni dall’invasione russa, le speranze dell’Ucraina di uscire vincitrice dalla guerra con Mosca sono ridotte al lumicino, e nei palazzi del potere di Kiev regna «un senso di disperazione». Lo scrive in una lunga e dettagliata analisi il “Washington Post”, secondo cui l’Ucraina sta faticando a ottenere dai suoi sponsor occidentali il sostegno militare ed economico necessario a fronteggiare un’offensiva di Mosca che nelle ultime settimane ha portato alla perdita di altri territori in Donbass e nell’oblast di Kharkiv.

Nei giorni scorsi il presidente Volodymyr Zelensky ha realizzato un ennesimo tour delle capitali occidentali alla ricerca di nuovi aiuti, in un clima segnato – ricorda il quotidiano statunitense – «dal crescente affaticamento internazionale nei confronti del conflitto e dalla paralisi del Congresso Usa sullo stanziamento di ulteriori fondi per Kiev».

Un anno difficile
Il “Washington Post” riporta che i funzionari statunitensi e occidentali prevedono un anno difficile per l’Ucraina e sollecitano quindi Kiev a preservare le sue forze armate, esauste dopo mesi di combattimenti, e a consolidare le difese piuttosto che a tentare improbabili e dispendiose offensive per riconquistare i territori perduti.

La scorsa settimana il Pentagono «si è presentato a mani vuote» all’incontro di coordinamento mensile tra i 50 paesi che sostengono militarmente l’Ucraina. Infatti Washington ha esaurito a dicembre il grosso dei fondi finora stanziati dal Congresso per supportare Kiev e il governo non è stato in grado di sbloccarne di nuovi a causa dell’opposizione repubblicana.

Al fronte – prosegue il quotidiano – «i rapporti indicano che le scorte di munizioni e proiettili d’artiglieria scarseggiano» mentre la Russia è riuscita ad aumentare la produzione interna e ad assicurarsi nuove scorte grazie alla collaborazione dei suoi partner.

«Al momento, tutto indica che quest’anno avremo a disposizione meno proiettili dello scorso anno, quando abbiamo tentato una controffensiva che non ha funzionato. In questo caso non potremo che limitarci alla difesa» ha dichiarato al WP il parlamentare ucraino Roman Kostenko.

Soldati ucraini in trincea

Washington: “impegnare la Russia senza avanzare”
Ma non sono solo le divisioni tra repubblicani e democratici a penalizzare Kiev. Lo stesso governo statunitense – conferma ancora il quotidiano statunitense – avrebbe deciso di limitare i propri aiuti, puntando a evitare che l’Ucraina resista agli attacchi russi senza però prevedere che il paese possa liberare i territori annessi da Mosca. Secondo le fonti del quotidiano, la nuova strategia della Casa Bianca sarebbe il frutto «dei risultati deludenti delle controffensiva ucraina dell’anno scorso». «È abbastanza chiaro che sarà difficile per Kiev cercare di mettere in campo lo stesso genere di spinta forte su tutti i fronti, come ha tentato di fare nel 2023» ha osservato un funzionario della Casa Bianca citato dal Post.

Sfumata la possibilità di una vittoria netta contro Mosca, Washington non vorrebbe rinunciare a continuare a utilizzare il conflitto ucraino per impantanare il più a lungo possibile la Russia, tentando di indebolirla. Gli aiuti, quindi, dovrebbero consentire a Kiev di impegnare per anni le truppe russe ma l’Ucraina dovrebbe abbandonare l’idea di riconquistare i territori persi.

Stando alle fonti interrogate dal Post, il documento su cui si basa la nuova strategia della Casa Bianca mira a garantire a Kiev operazioni militari a breve termine e la creazione di una forza militare ucraina in grado di scoraggiare ulteriori avanzate russe. Washington si impegnerebbe inoltre a «proteggere, ricostituire ed espandere la base industriale e dell’export» dell’Ucraina, ovviamente avvantaggiando la propria economia e i propri interessi nell’area. Intanto Biden ha annunciato la volontà di trasferire armi nucleari statunitensi sul suolo della Gran Bretagna, una mossa che Mosca non ha preso per niente bene.

L’Ue supera lo scoglio del veto ungherese
Di fronte alla parziale ritirata di Washington, i paesi europei cercano come possono di ritagliarsi un ruolo maggiore nel sostegno a Kiev, sperando che lo sforzo porti a qualcosa. La scorsa settimana il premier britannico Rishi Sunak e il presidente ucraino Zelensky hanno siglato un accordo bilaterale di sicurezza della durata di dieci anni, e presto potrebbe toccare alla Francia.

Ieri, inoltre, i 27 sono riusciti almeno in parte a superare lo scoglio rappresentato dal veto ungherese alla fornitura di nuovi ingenti aiuti militari all’Ucraina. In cambio dello sblocco dei fondi congelati a causa della violazione di numerose direttive da parte di Budapest, il governo del nazionalista Orban ha accettato di sottoscrivere un accordo di compromesso. «Tutti i 27 leader hanno concordato un pacchetto di sostegno di 50 miliardi per l’Ucraina (33 di prestiti e 17 a fondo perduto, ndr) all’interno del bilancio Ue. Così si garantisce un finanziamento costante, a lungo termine e certo» ha rivendicato in una dichiarazione il Presidente del Consiglio Europeo Charles Michel. Nei giorni scorsi fonti dell’Ue avevano ventilato l’applicazione a Budapest di forti sanzioni nel caso non avesse rimosso il veto.

Nei giorni scorsi, poi, Germania, Polonia e Paesi Bassi hanno firmato un accordo – ribattezzato “Schengen militare” – per creare un corridoio destinato a far transitare velocemente le armi destinate all’Ucraina. Intanto però l’Unione Europea ha dovuto ammettere di non essere in grado di inviare a Kiev il milione di proiettili promessi entro marzo, obiettivo raggiungibile solo all’inizio del prossimo anno.

Il generale Valery Zaluzhny

Corruzione e lotte intestine
Kiev ha fame di munizioni, e la diffusa corruzione non aiuta a far fronte alle necessità. Nei giorni scorsi il Servizio di Sicurezza Ucraino (SBU) ha arrestato una persona e ha denunciato altri cinque funzionari di alto rango, accusandoli di aver intascato 36 milioni di euro destinati nell’agosto del 2022 all’acquisto di 100 mila proiettili di mortaio, ovviamente mai consegnati. Ora i fondi rubati, trasferiti su vari conti in Ucraina e nei Balcani, sarebbero stati recuperati e i sei imputati rischierebbero fino a 12 anni di reclusione. L’ampia pubblicità concessa all’operazione mira ad accreditare i successi della campagna di Zelensky contro la corruzione, definita dal presidente una forma di tradimento. Ma il fatto che a condurre l’inchiesta sia stata l’SBU e non gli organismi preposti lascia trapelare per l’ennesima volta la gravità dello scontro in corso tra i diversi apparati dello stato ucraino.

Il duello Zelensky-Zaluzhny
Da parecchi giorni, ormai, sui media e sui social ucraini è un fiorire di conferme e smentite sulla defenestrazione del generale Valery Zaluzhny, comandante in capo delle forze armate inviso a Zelensky che ne teme il carisma e le potenzialità politiche (diversi sondaggi lo indicano come più popolare dell’attuale capo dello stato). Secondo alcune fonti, tra le quali il quotidiano britannico “The Times”, Zaluzhny sarebbe stato effettivamente silurato dal presidente dopo aver rifiutato l’offerta di un nuovo incarico, ma le proteste di vari comandanti dell’esercito e di alcuni importanti partner internazionali di Kiev – in particolare di Washington e di Londra – avrebbero convinto Zelensky a soprassedere, almeno momentaneamente. Ma il presidente avrebbe già pronto il decreto di licenziamento del suo rivale, mossa che però potrebbe infliggere un duro colpo alla tenuta delle forze armate.

L’ennesimo pomo della discordia tra il politico e il generale è rappresentato dalla portata della nuova mobilitazione. Da mesi le truppe schierate al fronte in certi casi da più di due anni lamentano la mancanza di avvicendamenti e denunciano che il compito di difendere il paese non può essere affidato soltanto a una piccola percentuale di cittadini. A decine di migliaia sono fuggiti all’estero o si sono imboscati per sfuggire alla chiamata alle armi (nel paese finora sono stati aperti circa 9 mila procedimenti per renitenza alla leva) e nella maggior parte del paese si vive come se la guerra non esistesse.

Il governo, dopo numerosi rinvii, ha deciso finalmente di presentare in parlamento una legge diretta ad arruolare truppe fresche. I numeri chiesti da Zaluzhny, però, sono lontani, e Zelensky non ha intenzione di richiamare le 500 mila nuove reclute chieste dai comandi militari; sarebbe una misura troppo antipopolare. Il governo ha anzi apportato alcune modifiche al progetto di legge inizialmente presentato, proprio per ridurre il numero delle convocazioni al fronte. La proposta comunque prevede un indurimento delle sanzioni per chi non risponde alla chiamata e abbassa l’età del reclutamento obbligatorio dei civili da 27 a 25 anni, riduce le esenzioni per alcune categorie di dipendenti pubblici e permette il reclutamento per i detenuti che godano di una sospensione condizionale della pena.

I tempi dell’approvazione della nuova legge, però, potrebbero essere lunghi, e comunque le nuove leve hanno bisogno di almeno tre mesi di addestramento prima di diventare operative. Pagine Esteri

* Marco Santopadre, giornalista e saggista, già direttore di Radio Città Aperta, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive, tra le altre cose, di Spagna, America Latina e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con il Manifesto, Catarsi e Berria