di Redazione

Pagine Esteri, 2 aprile 2024 – Alle elezioni amministrative di domenica non solo il partito del presidente Recep Tayyip Erdogan non è riuscito a recuperare il governo delle principali città della Turchia, che aveva perso nel 2019, ma ha subito una cocente sconfitta che potrebbe avere ripercussioni sullo scenario politico generale. Il sostegno per il Partito Giustizia e Diritto (Akp) infatti è precipitato ai minimi storici.

I candidati delle opposizioni guidate dal Partito Repubblicano del Popolo (Chp) hanno mantenuto Istanbul, Ankara, Smirne, Adana e Antalya, le cinque principali città della Turchia, rafforzando il proprio vantaggio sui nazionalisti islamisti di Erdogan.

A Istanbul il repubblicano Ekrem Imamoglu ha preso il 51% dei voti, mentre Murat Kurum dell’Akp si è fermato al 39,6%. Mentre nel 2019 il candidato repubblicano Ekrem Imamoglu aveva ottenuto la poltrona di sindaco di Istanbul dovendo però fare i conti con un consiglio comunale dominato dall’Akp e dai suoi alleati di estrema destra, domenica il Chp e i suoi alleati (la destra moderata dell’Iyi Parti) hanno ottenuto la maggioranza in ben 26 dei 39 distretti della metropoli contro i 14 di cinque anni fa.

La netta vittoria di Imamoglu incorona il sindaco di Istanbul a fidante principale del candidato dell’Akp alle prossime elezioni presidenziali del 2028; non è chiaro al momento se sarà Erdogan, che alcune settimane fa aveva sibillinamente avvisato che quelle di domenica scorsa sarebbero state le sue “ultime elezioni”.

Ad Ankara il candidato repubblicano Mansur Yavas ha addirittura “doppiato” Turgut Altinok, dell’Akp, con il 60,3% contro il 31,7%.


Per la prima volta i repubblicani, tradizionalmente forti nelle città del Mediterraneo e dell’Egeo, hanno espugnato anche storiche roccaforti conservatrici e islamiste come Bursa e Adiyaman, nell’Anatolia, nelle aree duramente colpite dal tremendo terremoto del 2023. Le opposizioni hanno conquistato alcuni distretti anche in bastioni della destra islamista e nazionalista come Trabzon e Rize, sulla costa del Mar Nero.

La sconfitta di Erdogan è tale che, considerando il dato generale, il suo partito, per la prima volta dopo decenni, è arrivato dietro ai repubblicani. Mentre il Chp ha ottenuto il 37,7%, gli islamo-nazionalisti dell’Akp hanno preso soltanto il 35,4% contro il 44% del 2019, uno dei risultati peggiori della loro storia.

Alle urne si è recato, secondo il Consiglio Elettorale del paese, il 78,7% degli aventi diritto, in calo rispetto all’84,6% del 2019 e soprattutto rispetto alle presidenziali del 2023, quando a votare era stato il 90% del corpo elettorale.

Il Partito Giustizia e Diritto ha perso voti verso l’astensione e a favore di altre formazioni politiche sia di destra sia progressiste.
Spicca soprattutto il 6,2% ottenuto dal partito islamico Yenideh Refah (“Nuovo Benessere”), fondato nel 2018 dal figlio dello storico leader islamista conservatore Necmettin Erbakan, inizialmente mentore dell’allora giovane e rampante Erdogan. Yenideh Refah è giunto in terza posizione a livello statale, superando sia l’Mhp sia l’Iyi Parti che hanno dimezzato i loro consensi, ha scalzato l’Akp dai suoi bastioni di Urfa e Yozgat e sottratto molti voti nei distretti più conservatori di Istanbul – come ad esempio Uskudar – consentendo ai repubblicani di scavalcare l’Akp.

Il leader della formazione, Fatih Erbakan, ha attaccato il partito di Erdogan e il governo soprattutto per non aver fatto seguire atti concreti, come l’interruzione dei flussi commerciali con Israele, alle formali condanne emesse da Ankara nei confronti dello “stato ebraico” responsabile del massacro in corso a Gaza. In generale Erbakan ha posizioni spesso ancora più estreme e reazionarie rispetto a quelle difese da Erdogan: Yenideh Refah sostiene la chiusura di tutte le associazioni Lgbt e nel 2021 ha chiesto il ritiro della Turchia dalla Convenzione di Istanbul che si propone di combattere la violenza sulle donne.

In alcuni distretti l’Akp ha perso voti anche a favore dell’estrema destra nazionalista dell’Mhp (Partito del Movimento Nazionalista, erede dei Lupi Grigi), che stavolta in alcuni casi ha deciso di presentarsi da solo.

Il partito progressista che rappresenta il movimento curdo per l’autodeterminazione ed alcune formazioni turche ecologiste e di sinistra, il DEM (erede del Partito Democratico dei Popoli, Hdp, sciolto dalla Corte Costituzionale nel 2023), ha ottenuto un ottimo risultato totalizzando il 5,6% e vincendo nettamente nella maggior parte dei distretti a maggioranza curda. Il Dem (Partito della Democrazia e dell’Uguaglianza) ha aumentato il numero dei consensi, dei sindaci e delle province conquistate rispetto al 2019, quando l’Hdp aveva ottenuto il 4% dei consensi. – Pagine Esteri