di Marco Santopadre*
Pagine Esteri, 5 aprile 2024 – «Più a lungo va avanti la guerra, più territorio guadagnerà la Russia… anche Odessa cadrà» ha vaticinato nei giorni scorsi il Tycoon statunitense Elon Musk.
Dopo aver preso atto del fallimento della controffensiva delle forze armate ucraine, che tante aspettative aveva generato, l’inverno scorso il presidente Zelensky aveva ordinato la fortificazione della linea del fronte per impedire l’avanzata russa, ma a distanza di alcuni mesi le operazioni procedono speditamente soltanto a nord, mentre a est e a sud sono in forte ritardo. Nei primi tre mesi del 2024 le truppe di Mosca hanno così conquistato circa 400 kmq di territori ucraini, soprattutto nel Donbass. Mentre scriviamo sono in corso furiosi combattimenti a Chasiv Yar, dove le truppe russe sono sul punto di conquistare la cittadina del Donetsk.
La Russia avanza
La pressione delle forze armate russe sulle linee e sulle città ucraine è continua e a Kiev neanche il forzato ottimismo di Zelensky – sempre più alternato a cupe profezie di sventura – riesce più a contrastare il fatalismo non solo della popolazione ma anche di politici e militari.
I due paesi continuano a lanciare droni e missili contro obiettivi avversari, causando danni ingenti e vittime. Il 22 e 29 marzo due massicci attacchi russi hanno gravemente danneggiato cinque centrali termoelettriche, riducendo la produzione di elettricità dell’80%. Nei giorni scorsi, ondate di bombardamenti sono state lanciate contro diverse infrastrutture – e obiettivi civili – da Kharkiv a Sumy fino ad Odessa.
L’Ucraina continua a voler coinvolgere i territori russi nei combattimenti, ed ha colpito nei giorni scorsi alcuni impianti industriali, tra i quali una fabbrica di droni e una grande raffineria di petrolio, nella lontana repubblica del Tatarstan, a quasi 1200 km di distanza dal confine. Ma difficilmente la crescente capacità ucraina di colpire ripetutamente obiettivi nemici così in profondità invertirà l’andamento del conflitto se i paesi occidentali non riusciranno a riprendere presto e in maniera massiccia i rifornimenti di armi e munizioni.
La Nato vuole un fondo da 100 miliardi
Mentre su iniziativa della Repubblica Ceca i paesi europei si stanno impegnando nell’acquisto collettivo di 1,5 milioni di munizioni, il vertice dei Ministri degli Esteri della Nato a Bruxelles si è concentrato sulla proposta avanzata dal segretario generale Jens Stoltenberg di dar vita ad un fondo pluriennale da 100 miliardi di dollari a favore dell’Ucraina.
L’intento dell’iniziativa, neanche troppo celato, è vincolare gli Stati Uniti a finanziare lo sforzo bellico nei prossimi cinque anni anche nel caso in cui le prossime elezioni presidenziali dovessero essere vinte da Donald Trump, che non ha mai fatto mistero di considerare prioritario lo scontro con la Cina piuttosto che con la Russia. Occorrerà attendere il vertice dell’Alleanza Atlantica previsto a Washington dal 9 all’11 luglio per capire se la proposta sarà approvata e se diventerà operativa in tempi celeri. Ma, ammesso che nelle prossime settimane si trovi un accordo, potrebbe essere troppo tardi.
«Non c’è nulla che possa aiutare l’Ucraina»
Tra gli alti ufficiali di Kiev, in particolare tra quelli che hanno servito il comandante delle forze armate Valery Zaluznhy prima che a febbraio Zelensky lo rimuovesse, si diffonde il timore che il fronte possa cedere da un momento all’altro, quando i comandi di Mosca decidessero di concentrare l’offensiva su un settore delle attuali linee ucraine. «Non c’è nulla che possa aiutare l’Ucraina adesso perché non esistono tecnologie in grado di compensare Kiev per la grande massa di truppe che la Russia scaglierà contro di noi. Noi non disponiamo di queste tecnologie e neanche l’Occidente le possiede in numero sufficiente» hanno affermato le fonti militari interpellate dal giornalista di “Politico” Jamie Dettmer.
Se anche il Congresso di Washington riuscisse finalmente ad approvare, bypassando il blocco eretto dai repubblicani, il pacchetto da 60 miliardi di finanziamenti per Kiev, i massicci aiuti non consentirebbero comunque all’Ucraina di invertire la tendenza sul campo, favorevole ormai da mesi a Mosca grazie alla netta superiorità russa in fatto di truppe e mezzi. Le truppe russe continuano da mesi, seppur lentamente, a rosicchiare terreno agli avversari che difficilmente Kiev potrà recuperare, ma la lenta avanzata di Mosca potrebbe rappresentare solo il prologo, la rincorsa di un disastroso sfondamento.
Anche la consegna a Kiev, prevista in estate, di una dozzina di caccia F-16, sicuramente non sarà risolutiva; «ogni arma ha il suo momento giusto. Gli F-16 erano necessari nel 2023; non saranno adatti per il 2024» secondo un alto ufficiale ucraino citato da Politico.
A Kiev mancano truppe fresche
Anche se, dopo un anno di scontri e polemiche, Zelensky ha finalmente firmato la legge che abbassa l’età della coscrizione obbligatoria da 27 a 25 anni, difficilmente il presidente e il suo governo premeranno l’acceleratore sulla mobilitazione delle truppe, anche se secondo Zaluznhy a Kiev servirebbero almeno 500 mila nuovi combattenti. Si tratta infatti di una misura fortemente impopolare e gli attuali vertici dello stato ucraino non vogliono perdere troppi consensi sbattendo al fronte un consistente numero di giovani.
Non a caso il provvedimento firmato da Zelensky prevede che si possa essere arruolati già a 25 anni ma che fino ai 27 non si possa essere inviati a combattere, mentre un’altra legge, che riduce i casi in cui i richiamati hanno diritto all’esenzione, rimane impantanata alla Rada sotto una valanga di 4 mila emendamenti.
La scorsa settimana il generale Oleksandr Syrsky – che ha sostituito Zaluznhy al vertice degli apparati militari – ha addirittura affermato che l’Ucraina non ha bisogno di un numero consistente di truppe fresche e che può “arrangiarsi” spostando al fronte qualche migliaio di militari e di volontari finora impiegati in ruoli amministrativi o non combattenti, seppur dopo un addestramento intensivo che non può durare meno di quattro mesi.
I comandi militari ucraini temono il collasso
La sortita del nuovo pupillo di Zelensky ha suscitato lo sconcerto e la rabbia di una parte dei comandi militari di Kiev, convinti che il fronte rischi di collassare già nelle prossime settimane non solo a causa della scarsità dei rifornimenti – soprattutto di munizioni per l’artiglieria e di sistemi di difesa antiaerea – ma anche della mancanza di rimpiazzi per i soldati impegnati nei combattimenti, in certi casi anche da due anni, falcidiati da varie decine di migliaia di caduti e da un numero ancora maggiore di feriti.
Se alla fine di marzo il segretario alla Difesa statunitense Lloyd Austin aveva affermato che la Russia era in difficoltà a causa dell’alto numero di perdite tra le proprie truppe, nei giorni scorsi il vicesegretario di Stato Kurt Campbell ha invece assicurato che Mosca ha «quasi completamente ricostituito» le proprie forze armate. Pagine Esteri
* Marco Santopadre, giornalista e saggista, già direttore di Radio Città Aperta, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive, tra le altre cose, di Spagna, America Latina e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con il Manifesto, El Salto Diario e Berria