di Marco Santopadre*

Pagine Esteri, 17 ottobre 2024 – A tre settimane dal voto presidenziale tutti i sondaggi indicano che il candidato della destra radicale, il repubblicano Donald Trump, ha recuperato lo svantaggio accumulato dopo l’entrata in scena della democratica Kamala Harris al posto dell’attuale inquilino della Casa Bianca Joe Biden.

Harris e Trump alla pari
La maggior parte delle rilevazioni più recenti, tra cui quello dell’emittente televisiva “Nbc News”, confermano la tendenza al pareggio per quanto riguarda il numero di consensi a livello generale.

L’ex presidente viene dato oltretutto in vantaggio, anche se di un solo punto percentuale (48 vs 47) sulla attuale vicepresidente tra gli elettori che voteranno anticipatamente nei cosiddetti “stati chiave” (o swing state), cioè quelli tradizionalmente contesi tra i due schieramenti. Lo indica un sondaggio effettuato da Harvard Caps.

Kamala Harris risulta invece in netto vantaggio sugli elettori che voteranno anticipatamente a livello confederale. Secondo un sondaggio di “Nbc News” ben il 52% degli elettori afferma di essere intenzionato a votare anticipatamente, per posta o di persona. Tra gli intervistati che prevedono di votare in anticipo, la candidata democratica è favorita con un distacco del 17% sull’ex presidente. Donald Trump invece appare favorito tra gli elettori (il 44% del totale) che si recheranno alle urne direttamente il 5 novembre, con un margine di ben 21 punti percentuali.

Nonostante l’apparente vantaggio della candidata democratica, a causa dell’arcaico e complesso sistema elettorale statunitense, basato sulla conquista della maggioranza dei grandi elettori, la situazione attuale indica la forte possibilità che Donald Trump il 5 novembre possa farcela. Quasi sicuramente, inoltre, i democratici dovrebbero perdere la maggioranza finora detenuta al Senato.

I milioni di Elon Musk
Il miliardario può contare sull’appoggio politico ed economico di Elon Musk, che personalmente ha finora donato almeno 75 milioni di dollari al comitato “America Pac”, da lui stesso fondato, che finanzia la campagna elettorale di Trump. In caso di vittoria il leader repubblicano ha promesso a Musk in posto nella prossima amministrazione statale. In totale, da giugno, il comitato ha iniettato ben 102 milioni di dollari nelle casse dell’ex presidente.

La maggior parte dei fondi e dell’influenza di Musk sono stati impiegati per organizzare iniziative elettorali o di propaganda proprio negli “stati chiave”, dove Kamala Harris non sembra essere in grado di ottenere un sostegno sufficiente da parte degli elettori di origine centro e sud americana, una comunità in rapida crescita.

Trump a caccia di latinos
Tra i latinos, tendenzialmente conservatori, Donald Trump è riuscito gradualmente a fare breccia negli ultimi anni di battente propaganda reazionaria nonostante i suoi slogan razzisti e anti-immigrazione che molti immigrati naturalizzati ritengono però non diretti contro di loro e spesso condivisibili. Secondo un recente sondaggio ben due terzi degli ispanici, infatti, sostengono un indurimento legislativo contro l’immigrazione e un terzo (per lo più discendenti di immigrati latinoamericani nati negli States) si dichiara d’accordo con la costruzione di un muro al confine con il Messico e la deportazione dei clandestini che vivono negli Stati Uniti.

La maggior parte degli intervistati ha segnalato le proposte economiche dei candidati come maggiormente dirimenti, relegando in secondo piano i programmi sui diritti civili e sociali.

Secondo un sondaggio del New York Times, il candidato repubblicano potrebbe contare sul consenso del 37% degli elettori latinos (tra i maschi la quota sale al 45%) mentre il 56% andrebbe a Kamala Harris. Quattro anni fa, però, i democratici raccolsero il 62% dei voti degli elettori centro e sudamericani, contro il 36 andato ai repubblicani.

Gli arabi sono divisi
Anche tra i cittadini di origine araba il consenso per i democratici sembra scendere rispetto al passato, sia a causa del crescente conservatorismo della comunità sia per il rifiuto da parte di Kamala Harris di dare un segnale di discontinuità rispetto al totale appoggio, politico e militare, accordato da Biden a Israele contro i palestinesi, il Libano, la Siria, lo Yemen e altri paesi dell’area.

Molti degli scontenti si asterranno o voteranno per candidature indipendenti – come quella del Partito Verde – o finiranno per scegliere Donald Trump, che paradossalmente promette un sostegno allo “stato ebraico” ancora più totale e l’impegno a concentrare gli sforzi contro l’Iran.
Comunque secondo un sondaggio la maggior parte degli elettori ebrei – il 60% – voterà per Kamala Harris e solo il 30% per Donald Trump.

Obama riuscirà a invertire la tendenza?
Nonostante la scesa in campo di Barack Obama a sostegno di Kamala Harris, anche nella comunità afroamericana il consenso nei confronti dei democratici non sembra giungere ad un livello tale da assicurare la vittoria alla vicepresidente, soprattutto tra gli uomini. Non a caso l’ex inquilino della Casa Bianca sta cercando di spronare soprattutto la componente maschile a mobilitarsi a favore della Harris per sbarrare la strada a Trump.

Ma i risultati nei sondaggi per ora non sono esaltanti. Come segnala la stampa statunitense, per il candidato repubblicano si sono schierati molti pastori delle varie confessioni cristiane alla quale aderisce la maggior parte della comunità afroamericana.

Il risultato è che al momento Harris, che pure ha origini afroamericane e asiatiche, è accreditata del 78% del voto black contro il 90% andato a Biden nel 2020 e il 92% conquistato da Hillary Clinton nel 2016. Al contrario, secondo il “Morning Consult” Trump otterrebbe ben il 21% dei voti della comunità nera con un aumento di ben 12 punti percentuali rispetto al 2020.

Sul calo dei consensi pesa la capacità di Trump di attrarre una parte crescente degli elettori conservatori appartenenti alle minoranze etniche, tradizionalmente schierate a favore dei democratici.
Secondo un sondaggio,
il 40% dei neri intenzionati a votare è favorevole alla proposta di erigere un muro lungo il confine con il Messico e all’espulsione dei migranti illegali.

Sul fronte opposto, invece, pesa l’incapacità di Kamala Harris di mobilitare e convincere l’elettorato più progressista e radicale, che la considera un membro dell’élite e una candidata centrista molto vicina all’establishment.

Conscio dell’importanza del voto nero per la conquista di alcuni stati chiave, durante la sua presidenza Trump ha adottato dei provvedimenti ad hoc, aumentando ad esempio i finanziamenti alle università aderenti al circuito delle “Historically Black Colleges and Universities”, o lanciando iniziative per incentivare gli investimenti nelle comunità a basso reddito.

Durante la campagna elettorale in corso, lo staff di Trump ha organizzato diverse iniziative per convincere a votare repubblicano il maggior numero possibile di elettori neri registrati che alle scorse elezioni si è astenuto, puntando anche in questo caso sulle sue proposte economiche e sulla promessa di un indurimento della legislazione riguardante il contrasto alla criminalità.

Trump promette inoltre di proteggere l’industria statunitense dalla concorrenza di quella cinese, attirando anche parte della classe operaia nera.

Come nelle altre comunità, l’identificazione ideologica o il consenso sulle singole proposte prevalgono sempre più spesso rispetto al senso di appartenenza etnico o comunitario. Pagine Esteri

* Marco Santopadre, giornalista e saggista, già direttore di Radio Città Aperta, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive anche di Spagna, America Latina e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con Pagine Esteri, il Manifesto, El Salto Diario e Berria