Pagine Esteri, 7 novembre 2024. Il Northern Kenya Grassland Carbon Project (NKCP) è un progetto dell’organizzazione Northern Rangelands Trust (NRT). La NRT sostiene che il suo sia “ad oggi, il più grande progetto di rimozione del carbonio dal suolo esistente al mondo, e il primo progetto generatore di crediti di carbonio derivanti dalla modificazione di pratiche di pascolo del bestiame”. Il progetto copre due milioni di ettari, ovvero la metà dell’estensione attuale di tutte le “Aree di conservazione” (Conservancies) della NRT: aree teoricamente gestite a beneficio della fauna selvatica e della popolazione locale. Il progetto coinvolge tredici Aree di conservazione più o meno contigue (vedi mappa, figura 1).
Figura 1: Ubicazione del progetto
Da notare che l’area delineata in rosso sulla mappa a destra, generata utilizzando un file del progetto, sembra includere, a nord, alcune Aree di conservazione fino ad oggi non incluse nel Northern Kenya Grassland Carbon Project.
L’area conta più di 100.000 abitanti, tra cui gli indigeni Samburu, Masai, Borana e Rendille. Sono tutti popoli pastorali dallo stile di vita indissolubilmente legato al loro bestiame – principalmente bovini, ma anche cammelli, pecore e capre. Generalmente il pascolo segue le precipitazioni locali e regionali, a volte lungo rotte migratorie che possono estendersi per centinaia di chilometri. A dettare le modalità dell’attività pastorale sono tradizionalmente gli anziani in base a regole consolidate.
Il progetto, avviato nel gennaio 2013, si basa sul presupposto che la sostituzione del pascolo tradizionale (definito dai proponenti del progetto “non pianificato”) con un “pascolo a rotazione pianificato” consenta alla vegetazione dell’area di (ri)crescere in modo più prolifico. A sua volta – sostiene il progetto – questo si tradurrebbe in un maggiore stoccaggio di carbonio nei terreni delle Aree di conservazione, per una media annuale di circa tre quarti di tonnellata di carbonio addizionale per ettaro, pari a circa 1,5 milioni di tonnellate di “stoccaggio” di carbonio extra totali all’anno. In un periodo di vita di 30 anni, il progetto produrrebbe quindi circa 41 milioni di tonnellate nette di crediti di carbonio vendibili. Il valore lordo di tali crediti potrebbe aggirarsi intorno ai 300-500 milioni di dollari, ma potenzialmente molto di più.
Nel registro di Verra, l’NKCP è identificato come Progetto #1468. Il sistema Verra dovrebbe garantire che i progetti di compensazione di carbonio generino riduzioni delle emissioni reali, credibili e permanenti. Verra afferma di utilizzare un “rigoroso insieme di regole e requisiti” per verificare che le riduzioni delle emissioni (o lo stoccaggio addizionale di carbonio) “avvengano realmente”. Il progetto è un esempio delle cosiddette “Soluzioni Basate sulla Natura” (NBS) che permettono ai programmi di conservazione di finanziarsi attraverso la vendita di crediti di carbonio ad aziende inquinatrici, generando entrate extra usabili per espandere e intensificare la conservazione o il “ripristino” della terra per la fauna selvatica.
Il progetto è stato descritto dalla Commissione Europea come il modello di riferimento per un prossimo, importante programma di finanziamento di progetti di conservazione in Africa chiamato “NaturAfrica”.
Nel suo primo periodo di accreditamento (2013-2016), il progetto ha generato 3,2 milioni di crediti di carbonio. A gennaio 2022 erano già stati venduti tutti. L’esatto controvalore lordo totale di queste vendite non è noto, ma è probabile che si aggiri tra i 21 e i 45 milioni di dollari. La maggior parte dei crediti è stata venduta in grandi blocchi, di cui 180.000 a Netflix e 90.000 a Meta Platforms (ex Facebook). Nell’aprile 2022 il progetto ha chiesto un secondo lotto di crediti per il periodo 2017-2020; anche se alla data di fine gennaio 2023 non era ancora stato ancora pubblicato nessun rapporto di verifica in merito, i crediti certificati sono stati 3,5 milioni e sono stati messi in vendita a partire dal dicembre 2022. A febbraio 2023, 1,3 milioni di tali crediti erano già venduti, per lo più sempre in blocchi molto grandi (e anonimi).
La ricerca condotta da Simon Counsell e Survival International sul progetto di compensazione delle emissioni di carbonio su terre indigene nel Kenya settentrionale, solleva seri interrogativi sulla credibilità del progetto stesso nonché sul suo potenziale impatto su diritti e mezzi di sussistenza dei popoli indigeni pastorali che abitano il territorio. Per leggere il rapporto completo, clicca qui.
Questo rapporto solleva molti interrogativi sulla credibilità delle compensazioni generate dal Northern Kenya Grassland Carbon Project e sul suo probabile impatto sui popoli indigeni dell’area. Tra le altre cose, lo studio rileva che:
- Impatto sulle comunità – Il progetto dipende da un’importante modificazione delle tecniche di pascolo utilizzate dai popoli pastorali della zona. Ad esempio, dallo smantellamento degli antichi e tradizionali sistemi di gada e mpaka esercitati rispettivamente dai Borana e dai Samburu, e dalla loro sostituzione con un modello collettivizzato e controllato a livello centrale, più simile all’allevamento commerciale. Oltre a essere culturalmente devastante, questa sostituzione potrebbe anche mettere a rischio i mezzi di sussistenza e la sicurezza alimentare dei popoli pastorali; il bestiame sarebbe infatti costretto a rimanere all’interno dell’area del progetto, senza poter più migrare seguendo le piogge durante i periodi di siccità stagionali (che oltretutto stanno peggiorando).
- Addizionalità – Il progetto non fornisce argomentazioni credibili sulla sua addizionalità di carbonio. Si basa sul presupposto che le forme tradizionali di pascolo degradino il suolo, e che solo il progetto sul carbonio possa porvi rimedio. Ma l’assunto che il “pascolo non pianificato” stesse degradando l’area non è supportato da alcuna prova empirica. Anzi, il progetto tralascia di considerare il fatto che il “pascolo non pianificato” è in realtà soggetto a forme tradizionali di gestione che hanno sostenuto la pastorizia entro limiti ampiamente sostenibili per molti secoli.Invece di dimostrare che il progetto era addizionale perché non c’era altro modo per finanziare la modificazione dei regimi di pascolo prevista, i proponenti del progetto hanno scelto di dimostrare che la sua addizionalità risiede nell’esistenza di molti ostacoli da superare per il raggiungimento degli obiettivi prefissati, e nella sua novità rispetto alle pratiche pastorali precedenti.
Questo modo di dimostrare l’addizionalità ha l’effetto altamente perverso di incentivare un approccio (pascolo centralizzato, rigidamente pianificato all’interno di aree geografiche definite) che è, di fatto, fortemente contrario alle norme culturali dei pastori indigeni della regione, e potenzialmente anche molto pericoloso per le persone e per l’ambiente.
Non esistono prove empiriche tratte da dati o da valutazione diretta che dimostrino che (a) il presunto “pascolo a rotazione pianificato” stia effettivamente avvenendo nella maggior parte dell’area del progetto o che (b) sia effettivamente migliore quanto a stoccaggio di carbonio nel suolo rispetto al modello tradizionale di gestione dei pascoli. È invece dimostrato che il pascolo tradizionale prevalente non è fortemente correlato né a variazioni di vegetazione né a variazioni di livelli di carbonio nel suolo.
- Scenario di riferimento (Baseline) – Come per l’addizionalità, lo scenario di riferimento del progetto (vale a dire, ciò che si afferma sarebbe accaduto in assenza del progetto stesso) è semplicemente tratto dalla presunzione che le forme tradizionali di pascolo porterebbero al degrado del suolo e che continuerebbero a farlo, senza alcuna evidenza empirica a supporto. Le limitate informazioni fornite dal progetto, che pretendono di dimostrare una diminuzione della qualità della vegetazione prima dell’avvio del progetto, in realtà non lo dimostrano affatto. Le prove presentate dalla NRT indicano, semmai, che la qualità della vegetazione è peggiorata dall’inizio del progetto; e se, come sostengono i proponenti del progetto, la copertura vegetale è correlata a quella del carbonio nel suolo, allora anche il carbonio nel suolo è in realtà in diminuzione in gran parte dell’area.
- Dispersione (Leakage) – Ci sono gravi problemi anche in merito alla “dispersione” di carbonio dovuta al progetto, in particolare sotto forma di spostamenti di bestiame fuori-progetto. Il progetto pretende di poter quantificare quanti “giorni bestiame” vengono trascorsi al di fuori dell’area del progetto, ma l’analisi dei dati di monitoraggio su cui si basano queste affermazioni – in particolare i rapporti mensili sui pascoli – dimostra che tali dati sono per la maggior parte totalmente inadeguati allo scopo. Molti rapporti sono del tutto privi di informazioni credibili sulla localizzazione del bestiame in un dato momento, e forniscono poche o nessuna informazione sul dove sono stati spostati grandi quantità di capi di bestiame. La quantificazione della dispersione è di fatto poco più che una congettura.In relazione a questo problema, è chiaro sia dai rapporti sul bestiame sia da altra documentazione, che il progetto non ha nessun controllo significativo sui suoi confini, il che è in fondamentale non conformità con la metodologia (VM00032) utilizzata per sviluppare il progetto. Gli studi effettuati precedentemente per la verifica e la validazione avevano preso in considerazione questo problema, ma avevano erroneamente accettato le rassicurazioni fornite dal progetto sulla propria capacità di rilevare e monitorare i movimenti di bestiame al di fuori delle aree del progetto. In realtà, come hanno confermato le interviste fatte ai residenti durante una visita in loco compiuta dall’autore nel 2022, un meccanismo per poterlo fare non c’è; il confine del progetto, che misura 1.000 chilometri, è altamente poroso e quasi impossibile da monitorare in modo significativo. Tuttavia, anche se il progetto non ha potuto dimostrare di soddisfare le condizioni di ammissibilità fondamentali per essere considerato un progetto VCS di compensazione delle emissioni di carbonio, è stato comunque verificato e validato, e il problema della sua ammissibilità è stato semplicemente rinviato a un secondo momento, lasciando a un futuro esaminatore la responsabilità di affrontare la questione.
Il contenimento del bestiame all’interno di confini definiti è, come ammette il progetto stesso, comunque contrario ai consolidati modelli di pascolo tradizionali, che possono includere migrazioni a breve e lungo termine, e a lunga distanza. Tali spostamenti possono essere essenziali per la sopravvivenza sia del bestiame sia delle persone, specialmente durante i periodi di siccità.
- Monitoraggio del progetto – Alcuni dei problemi elencati sopra sono legati alla fondamentale incapacità del progetto di monitorare aspetti cruciali della presunta attuazione del pascolo a rotazione pianificato. Alcuni dei calcoli utilizzati per stimare lo stoccaggio addizionale di carbonio dichiarato dal progetto erano basati su informazioni di monitoraggio del tutto inadatte allo scopo. I rapporti periodici – di fondamentale importanza – sulle attività di pascolo presentati da ognuna delle 13 Aree di conservazione partecipanti al progetto (che erano a disposizione degli esaminatori del primo periodo di verifica) sono generalmente di qualità molto scadente. Mancano di informazioni essenziali o credibili sul numero di animali presenti, sulla loro ubicazione e sui loro movimenti. I rapporti e le mappe dei pascoli forniti per i periodi della prima e della seconda verifica sono quasi del tutto privi di valore come strumenti atti a valutare anche semplicemente se il “pascolo a rotazione pianificato” è stato attuato, figuriamoci per giudicare i suoi risultati! Indicano molto chiaramente che il progetto non poteva monitorare adeguatamente i suoi confini, e a maggior ragione controllarli. Contraddicono fortemente l’affermazione del progetto secondo cui la fuoriuscita di bestiame dall’area del progetto era “trascurabile”. Suggeriscono fortemente che il progetto non ha soddisfatto i requisiti metodologici necessari per controllarne i confini, anche se negli ultimi anni l’apparenza di saperli monitorare sia leggermente migliorata. E suggeriscono fortemente che le prove necessarie per dimostrare che il ‘Bunched Herd Planned Rotational grazing’ (pascolo a rotazione pianificato di mandrie raggruppate”) si stava effettivamente verificando, erano per lo più carenti.Più in generale, il progetto dipende interamente dal telerilevamento di indicatori indiretti del carbonio nel suolo (cioè un indice di copertura vegetale) piuttosto che dalla misurazione diretta del carbonio nel suolo, e quindi dalla manipolazione di tali dati attraverso algoritmi/modelli aggiuntivi. Le fasi di questo processo, per ammissione del progetto stesso, presentano margini di errore e imprecisione molto ampi. Ci sono ben fondati motivi per chiedersi se i rapporti sui pascoli generati dal progetto possano essere correlati con le mappe dei cambiamenti della vegetazione forniti dalle immagini satellitari. L’analisi delle mappe originali del bestiame (al posto delle loro versioni ridotte e appena intelligibili mostrate nel rapporto di monitoraggio del progetto), mostra discrepanze enormi e significative rispetto alle mappe della vegetazione derivate dal satellite.
- Permanenza – Anche se il progetto dovesse effettivamente portare a un vero e proprio accumulo addizionale di carbonio nel suolo dell’area del progetto – il che è, nella migliore delle ipotesi, altamente discutibile – è improbabile che possa rimanere lì a lungo. Nella maggior parte dell’area del progetto, infatti, tutti i dati indicano cambiamenti climatici a lungo termine nei modelli meteorologici e un particolare aumento della durata e della gravità dei periodi di siccità. Ciò si tradurrà in una diminuzione della vegetazione e dello stoccaggio del carbonio nel suolo. Sebbene il progetto lo riconosca in linea di principio, fuga queste preoccupazioni sottolineando che le attività del progetto dovrebbero aumentare la disponibilità di pascoli. Tuttavia, non sono state presentate prove empiriche che suggeriscano che tali attività abbiano avuto un successo duraturo o che possano in qualche modo compensare gli effetti negativi a lungo termine dei cambiamenti climatici.
- Consultazione, Consenso Libero, Previo e Informato, e reclami – Ad oggi (secondo rapporto di monitoraggio incluso) sono state presentate prove assolutamente non convincenti sul fatto che la NRT abbia informato adeguatamente le comunità sul progetto, per non parlare del fatto che abbia ricevuto il loro consenso libero, previo e informato. Facciamo notare che questo fatto è stato motivo di preoccupazione nel processo di validazione e verifica del primo periodo, e che le preoccupazioni a riguardo sono rimaste in gran parte irrisolte. La fornitura di informazioni sul progetto è stata, nella migliore delle ipotesi, limitata a un numero molto ristretto di persone, per lo più quelle associate agli organi direttivi delle Aree di conservazione (come i Board), e per lo più solo molto tempo dopo l’inizio del progetto. Non ci sono prove che siano state fornite informazioni adeguate in kiswahili, samburu o in altre lingue locali. La risposta data dal progetto alle domande dei revisori in merito alle consultazioni durante il primo studio di verifica suggerisce che non è stata fornita nessuna, o quasi, informazione significativa, e quindi che non ci fosse nessuna possibilità di ottenere alcun consenso. Lo stesso vale per gli anni 2017-2020 coperti dal secondo periodo di verifica. Dalle nostre indagini si evince fermamente che, ad oggi, pochissime persone nell’area del progetto – inclusi anche membri dei Board delle Aree di conservazione – hanno una chiara comprensione del progetto, e tantomeno dei loro ruoli, delle loro responsabilità e dei presunti benefici derivanti.Contrariamente agli attuali requisiti previsti da Verra, non esiste nessun meccanismo per fare reclami sul progetto (al contrario dei reclami sull’occupazione, come indicato dalla NRT nel documento di progetto). La NRT potrebbe anche non aver ricevuto alcun reclamo durante il secondo periodo di verifica, ma ciò potrebbe semplicemente essere dovuto al fatto che (a) quasi nessuno conosceva il progetto in quel periodo e (b) non esisteva un meccanismo di reclamo. Di recente ci sono state sicuramente gravi lamentele, e almeno un’Area di conservazione si è formalmente ritirata dal progetto.
- Base giuridica del progetto – Anche la base giuridica del progetto e il modo in cui è stato implementato sollevano interrogativi molto seri. Almeno la metà dell’area del progetto è costituita da Trust Lands (terre in amministrazione fiduciaria), soggette ai termini del Community Lands Act (CLA) 2016. Tutti gli enti che vogliano svolgere attività sulle Trust Lands sono pertanto soggetti a responsabilità e obblighi specifici, mentre ai governi della contea è conferito un ruolo centrale nel mantenere le terre in amministrazione fiduciaria fino al momento in cui non saranno state formalmente registrate dalle comunità. Finora, non è stato registrato nessuno dei terreni del Trust nell’area del progetto (e i membri della comunità ritengono che la NRT stia ostacolando le loro richieste di registrazione). Non ci sono prove che, attuando il progetto sul carbonio, la NRT abbia rispettato vari e importanti requisiti previsti dal Community Land Act 2016. Una petizione costituzionale ha contestato la stessa base legale dall’istituzione delle Aree di conservazione nelle Trust Lands da parte della NRT. La petizione è stata depositata presso il Tribunale per l’ambiente e il territorio di Isiolo nel settembre 2021 a nome delle comunità all’interno dell’area del progetto sul carbonio e da altri, e il caso è ancora in corso.
- Il diritto della NRT di “possedere” e commerciare carbonio dai terreni interessati – Oltre agli interrogativi sulla legalità di alcune delle Aree di conservazione e sulle apparenti violazioni del CLA, sussistono seri dubbi sui principi in base ai quali la NRT avrebbe ottenuto il diritto di commerciare il carbonio presumibilmente immagazzinato nel suolo delle Aree di conservazione. Tra la NRT e le Aree di conservazione non è stato firmato nessun accordo formale in tal senso fino al giugno 2021, otto anni e mezzo dopo l’inizio del progetto e dopo il periodo coperto dalla prima e dalla seconda verifica. In altre parole, anche a prescindere dal (mancato) rispetto del CLA 2016, la NRT non aveva nessun chiaro diritto contrattuale di vendere il carbonio durante tale periodo.
- Distribuzione dei benefici e dei risultati – Nutriamo serie preoccupazioni su come vengono distribuiti i fondi generati dalle vendite di carbonio. Sebbene il progetto affermi che il 30% dei fondi totali da distribuire alle Aree di conservazione vadano a obiettivi che le “comunità” stesse determinano, è dimostrato che in gran parte non è così. Il 20% della quota delle Aree di conservazione deve essere speso per le pratiche di pascolo prescritte dalla NRT (che, come spiegato sopra, sono contrarie alle regole culturali dei popoli pastorali) e per i guardaparco. Un altro 20% viene distribuito alle Aree di conservazione per scopi non specificati. Il restante 60% dei fondi viene distribuito a discrezione della NRT attraverso un processo in gran parte opaco, che i leader della comunità nell’area del progetto ritengono sia utilizzato per esercitare il controllo sulle comunità e per promuovere le priorità della NRT.
- Validazione e verifica del progetto – Lungi dall’essere stato sottoposto a una valutazione “rigorosa”, il progetto conta numerosi problemi fondamentali che non sono stati adeguatamente affrontati durante la validazione e la successiva verifica dei suoi primi 3,2 milioni di tonnellate di stoccaggio di carbonio dichiarati.
Conclusioni
La premessa di base del progetto, ovvero quella di poter imporre il “pascolo a rotazione pianificato” all’interno di aree geografiche definite, contrasta radicalmente con la pratica pastorale indigena tradizionale, è concettualmente molto fuorviante, potenzialmente pericolosa e probabilmente destinata al fallimento. Si basa su un vecchio pregiudizio coloniale che considera i popoli pastorali incapaci di gestire il proprio ambiente e li accusa di essere responsabili della sua distruzione attraverso il pascolo eccessivo. Riteniamo che l’affermazione del progetto di immagazzinare in modo permanente quantità quantificabili di carbonio addizionale nei suoli del Kenya settentrionale sia altamente poco plausibile. Riteniamo che il progetto non abbia una solida base di addizionalità, che manchi di uno scenario di riferimento credibile e che soffra di dispersioni non quantificabili. Il progetto non ha dimostrato empiricamente di fare alcun reale stoccaggio addizionale di carbonio nel suolo. Le basi giuridiche del progetto sono altamente discutibili, incluso i diritti della NRT su parte o tutti i crediti di carbonio scambiati; e discutibile è anche il suo rispetto delle leggi applicabili, in particolare il Community Lands Act 2016. Una delle implicazioni di tutto ciò è che i fondi del progetto finora trattenuti dalla NRT dovrebbero probabilmente essere restituiti alle comunità coinvolte.
Survival International © Marzo 2023