Netanyahu ha deciso di sospendere il rilascio dei prigionieri politici palestinesi. Dopo la liberazione, da Gaza, dei sei ostaggi previsti dallo scambio, Israele ha fatto sapere che non avrebbe consegnato i palestinesi. Per tutta la giornata di sabato centinaia di persone, familiari, amici, hanno atteso tra pioggia e freddo l’arrivo degli autobus con i prigionieri, sia in Cisgiordania che a Gaza.
Nella Striscia sarebbero dovute ritornare di più di 400 persone, incluse donne e bambini, tutti arrestati dopo il 7 ottobre 2023. Il rilascio coinvolgeva più di 602 prigionieri in totale, di cui cinquanta condannati all’ergastolo, sessanta a pene considerevoli, 47 liberati in occasione di uno scambio nel 2011 e poi riarrestati e 445 fermati a Gaza dall’inizio della guerra.
L’ufficio del primo ministro Benjamin Netanyahu ha fatto sapere, nella notte tra sabato e domenica, che Israele avrebbe ritardato il rilascio dei prigionieri palestinesi a causa di quelle che ha definito “violazioni del cessate il fuoco” da parte di Hamas: “Alla luce delle ripetute violazioni di Hamas – comprese le cerimonie umilianti che disonorano i nostri ostaggi e l’uso cinico degli ostaggi a scopo propagandistico – è stato deciso di ritardare il rilascio dei terroristi previsti per [sabato] fino a quando il rilascio dei prossimi ostaggi non è garantito, e senza cerimonie umilianti”.
Con ogni probabilità il riferimento è al bacio che uno degli ostaggi, Omer Shem Tov, ha dato sulla fronte a due degli uomini di Hamas che gli erano accanto sul palco durante la “cerimonia” di liberazione che il gruppo islamico mette in scena già dai primissimi scambi. Non vi sono più le enormi folle dei primi giorni: Netanyahu le aveva vietate, sospendendo già uno dei rilasci previsti in passato. Hamas ha diffuso sabato un altro video che mostrava due ostaggi rimasti a Gaza chiedere a Netanyahu di riportarli a casa, nel tentativo di fare pressione su Israele perché prosegua i negoziati sulla seconda fase del cessate il fuoco.
Hamas ha risposto domenica mattina, definendo lo stop una “palese violazione” degli accordi e chiedendo ai mediatori di intervenire immediatamente.
Intanto, nella Cisgiordania occupata l’operazione militare israeliana prosegue con rinnovata violenza dopo l’invio di tre battaglioni aggiuntivi. Nonostante non siano ancora chiare le dinamiche che hanno portato all’esplosione di tre autobus vuoti nei depositi di Tel Aviv, Netanyahu e il suo ministro della difesa Katz hanno incolpato i combattenti della brigata Tulkarem di aver provato ad organizzare un sanguinoso attentato, che sarebbe fallito solo per un errore di impostazione nei timer dei dispositivi esplosivi.
Così, da una casa palestinese requisita a Tulkarem e trasformata in un centro operativo dell’esercito, il premier e il suo ministro hanno annunciato nuove operazioni militari in Cisgiordania, dove gli attacchi, soprattutto nel nord, proseguono oramai dal 21 gennaio. Pagine Esteri