di Giovanna Cavallo*
Nei giorni scorsi, in particolare a Jaramana e Sahnaya, ma anche nei pressi del governatorato di Suwayda si sono registrati oltre 100 morti, e numerosi feriti tra cui civili e membri delle forze di sicurezza. La situazione ha evidenziato la fragilità della nuova leadership siriana, dominata da gruppi che giustificano le aggressioni militari in nome di una ideologia religiosa.
In ogni caso i bombardamenti di Israele – che si autoproclama, con le sue forze armate, “protettore dei drusi” siriani -, anche la scorsa notte, è stato accolto con forte scetticismo da parte della leadership drusa siriana che ha espresso preoccupazione per le strumentalizzazioni esterne.
La comunità drusa si trova intrappolata tra la violenza settaria interna e le manovre geopolitiche esterne. Ma la domanda che oggi si impone è più inquietante: davvero il governo siriano di Ahmad Al Sharaa è solo incapace di fronteggiare l’ondata di violenza? O si tratta piuttosto di una deliberata ambiguità, un calcolo politico che evita lo scontro con le frange più radicali, oggi sempre più presenti negli apparati del potere?
Possiamo parlare ancora solo di impotenza statale, oppure è lecito sollevare dubbi più gravi circa la mancanza di volontà reale di operare una cesura netta con le ideologie settarie? Sembra che i fantasmi del fanatismo, che in passato hanno caratterizzato il gruppo qaedista Hay’at Tahrir Sham – che ha preso il potere a Damasco dopo la caduta di Bashar Assad – e altre milizie ad esso collegate, stiano lentamente riprendendo forma, legittimati da silenzi colpevoli e complicità occulte.
In questo contesto, l’azione esterna — come quella di Israele— appare ancor più pericolosa, perché sfrutta una falla interna ancora non chiarita e sanata. Il rischio è che la Siria torni a essere un campo di battaglia per ideologie incompatibili con la sua natura storicamente plurale e multiconfessionale. Si stanno verificando divisioni all’interno della stessa comunità drusa sui tentativi di trovare un accordo con il governo centrale che possa prevenire altre escalations oppure di scegliere il male minore.
La posta in gioco oggi non è solo la salvezza della comunità drusa, ma la possibilità stessa di una Siria inclusiva, sovrana e pacificata. Questa posta in gioco è anche responsabilità nostra.
*E’ una attivista dei diritti della comunità drusa siriana ed esperta di Siria