di Michele Giorgio*

Pagine Esteri, 16 giugno 2023 –  La conclusione del caso era attesa, uguale a tante altre vicende simili. Il procuratore militare israeliano ha comunicato due giorni fa che i soldati che l’anno scorso furono accusati di aver causato la morte di un 80enne palestinese, Omar Asad, non saranno incriminati per omicidio colposo e, forse, saranno sottoposti solo ad azioni disciplinari. Nessuna sorpresa. Solo in casi rari i militari israeliani vengono rinviati a giudizio per l’uccisione di civili palestinesi, tanto che l’ong israeliana per i diritti umani, B’Tselem, annunciò tempo fa che non avrebbe più seguito queste vicende nelle corti militari, ritenendo scontate le decisioni dei giudici.

Nella vicenda di Omar Asad, con cittadinanza statunitense, non sarebbe stato riscontrato un «nesso causale» tra la condotta dei soldati e la morte dell’anziano palestinese. Eppure, la vicenda fece scalpore. Anche una parte della stampa israeliana notò che non si trattava del primo caso di maltrattamenti e abusi a danno di palestinesi compiuti dai soldati del Battaglione Netzah Yehuda, formato da giovani religiosi ortodossi. Anche gli americani, in ragione della cittadinanza di Asasd chiesero agli alleati israeliani di spiegare l’arresto e la morte di un 80enne.

As’ad viveva a Jiljilya, un villaggio a nord di Ramallah. Fu arrestato una sera, in pieno inverno, a un posto di blocco improvvisato dell’esercito mentre tornava a casa. I soldati coinvolti hanno detto che aveva urlato contro di loro. Portato in un cortile abbandonato, l’uomo venne ammanettato dietro la schiena, imbavagliato, bendato e adagiato a terra a pancia in giù, secondo la testimonianza di altri due palestinesi arrestati allo stesso posto di blocco. Solo alle 4 del mattino, i soldati liberarono una delle mani di Asad lasciandolo nel cortile. Poco dopo uno degli altri arrestati si accorse che l’anziano non respirava bene e chiamò un medico che – dopo essere stato fermato dai soldati per diversi minuti – raggiunse Asad per rianimarlo. Quando i soldati andarono via, l’anziano fu portato in uno ospedale di Ramallah nell’estremo tentativo di salvargli la vita. I medici lo dichiararono morto all’arrivo al pronto soccorso. Il bavaglio potrebbe avergli ostacolato la respirazione e impedito di chiedere aiuto. Inoltre faceva molto freddo. Da parte loro i soldati hanno detto di aver seguito le procedure e di non aver notato alcun segno di sofferenza dell’uomo.

I giudici hanno ritenuto ragionevoli queste spiegazioni e legittime le condizioni in cui Asad è stato tenuto per ore. E hanno chiuso il caso. Le proteste delle famiglia e dei centri per i diritti umani cadranno nel vuoto. Al momento non si conoscono le reazioni degli Stati uniti. Ma Washington non contesta le sentenze delle autorità militari israeliane, anche nei casi più controversi, come l’uccisione l’11 maggio 2022 della giornalista palestinese, con passaporto statunitense, Shireen Abu Akleh, inviata da Al Jazeera a Jenin. D’altronde anche gli Usa solo in casi molto rari condannano i loro soldati responsabili di crimini contro civili. Ne è un esempio l’uccisione il 4 marzo 2005 a un posto di blocco dell’esercito americano a Baghdad del funzionario italiano Nicola Calipari poco dopo la liberazione della giornalista del manifesto Giuliana Sgrena sequestrata da un gruppo armato. Dei responsabili non si è saputo più nulla.

La famiglia Ghayth Sub Laban

Intanto a Gerusalemme, dopo quattro decenni e mezzo di battaglie legali e vessazioni, la famiglia palestinese Ghayth-Sub Laban rischia seriamente di essere sgomberata con la forza dalla polizia dalla sua casa nel cuore della città vecchia. Un tribunale israeliano ha interrotto il contratto di locazione protetta in vigore dal 1953 – quando Israele non aveva ancora occupato la zona palestinese (Est) di Gerusalemme – di Nora Ghayth, 68 anni, e suo marito, Mustafa Sub Laban, 72 anni. E ha stabilito che la proprietà della casa sarebbe del Galicia Trust, una fondazione di coloni provenienti dalla Polonia e dall’Ucraina.

Da giorni un presidio permanente di attivisti palestinesi, internazionali e israeliani cerca di impedire, con la sua presenza, nell’abitazione e intorno ad essa, lo sgombero della famiglia Ghayth-Sub Laban. Pagine Esteri

*Questo articolo è stato pubblicato in origine dal quotidiano Il Manifesto

https://ilmanifesto.it/soldati-israeliani-scagionati-nessun-colpevole-per-la-morte-di-omar-asad