della redazione
Pagine Esteri, 6 agosto 2023 – La chiamano la “cintura del golpe”. Comprende gran parte del Sahel, taglia nettamente il continente dividendo i nordafricani dagli africani sub-sahariani. Contiene una abbondanza di depositi minerari, di uranio e petrolio e ha la più alta concentrazione di basi occidentali del continente con in testa Gibuti che ospita militari di molte nazioni, Italia inclusa. Questa vasta regione ha un alto valore strategico in termini di risorse e per la sua posizione è in grado di influenzare sia l’Africa settentrionale che quella sub-sahariana. Da qui il grande interesse dell’Europa a mantenere al potere quei governi e regimi che maggiormente si sono dimostrati pronti a favorire bisogni ed esigenze dell’Occidente. Il Niger teatro alla fine del mese scorso di un golpe, è uno di questi.
Ma questa larga fascia che va da Ovest ed Est dell’Africa è nota anche per la sua forte instabilità. Negli ultimi 5 anni ci sono stati quasi 10 tentativi di colpo di stato. Alcuni hanno avuto successo, altri no. I motivi sono molti e in gran parte legati proprio alle ricchezze minerarie alle quali si faceva riferimento. Pesano anche le lotte tra tribù. I paesi della regione del Sahel sono eterogenei nelle loro popolazioni. Molte tribù competono e negoziano tra loro per il potere e il controllo del paese. E quando i negoziati falliscono, ha luogo il colpo di stato. Spesso gli organizzatori dei golpe usano slogan antifrancesi e anticoloniali per coinvolgere le popolazioni, molto povere, che certo non amano Parigi sempre pronta a sfruttare la regione per i suoi interessi politici ed economici. Un’avversione sulla quale giocano vari Stati per conquistare terreno nella regione, senza dimenticare il ruolo della Compagnia mercenaria Wagner che avrà pure fallito la sua sollevazione contro il Cremlino ma non ha perduto l’enorme influenza che aveva in Africa.
Intanto ieri è scaduto l’ultimatum della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Cedeao), che aveva dato ai golpisti in Niger sette giorni per mettere fine al colpo di stato del 26 luglio che ha deposto il presidente Mohamed Bazoum. Tuttavia, è improbabile che alle minacce seguano azioni concrete. Il presidente nigeriano Bola Tinubu, che guida anche la Cedeao, ha tagliato le forniture di elettricità al Niger e preme per un intervento militare allo scopo di affermare la sua leadership regionale. Ma non ha ottenuto il via libera del Senato nigeriano all’invio di truppe. Piuttosto i senatori lo hanno esortato a intensificare i negoziati con i golpisti in Niger inviando nuovamente una delegazione a Niamey. Chiedono inoltre che il governo federale intensifichi gli sforzi militari contro l’organizzazione jihadista Boko Haram, vera spina nel fianco della Nigeria.
Altri Paesi africani escludono un intervento militare. “Il Ciad non agirà mai militarmente. Abbiamo sempre sostenuto il dialogo. Il Ciad è un facilitatore”, ha dichiarato Daoud Yaya Brahim, ministro della Difesa. Persino più intrasigenti contro l’uso della forza sono Mali, Burkina Faso e Guinea Conakry, di fatto sostenitori dei golpisti in Niger. L’Algeria spinge per dare più peso alla diplomazia poiché, spiega, “il ricorso alla forza che non farebbe altro che aggravare la situazione del Niger e dell’intera regione”.
La Francia, al contrario, fa pressioni sulla Cedeao per un intervento più deciso, anche militare. La ministra degli Esteri, Catherine Colonna, ha ricevuto il premier del Niger, Ouhoumoudou Mahamadou, al quale ha ribadito il pieno sostegno di Parigi al presidente Bazoum e al suo governo.
Intanto da Niamey è partito per Pratica di Mare il volo KC 767 con 65 militari del contingente italiano in Niger e 10 militari statunitensi. Nella capitale dello Stato africano rimangono 254 militari italiani. Pagine Esteri