Lo Stato Islamico ha rivendicato l’attacco, il secondo in poche settimane contro la comunità sciita hazara. Il racconto di Stefano Sozza, direttore del progetto Afghanistan della ONG.

 

di Valeria Cagnazzo

Anabah, Pagine Esteri, 8 novembre 2023 – La violenza è tornata a scuotere le strade di Kabul. La sera del 7 novembre scorso, un minivan che trasportava civili è esploso nel quartiere a maggioranza hazara di Dasht-e-Barchi. Sono almeno 7 i morti nell’incidente e circa 20 i feriti, ha dichiarato Khalid Zadran, portavoce del dipartimento di sicurezza della capitale. Di questi, 11 sono stati trasportati nel Centro chirurgico per vittime di guerra che Emergency gestisce nella città dal 2001.

“Ieri (7 novembre, ndr) verso le 19.00 abbiamo ricevuto la notizia di un’esplosione”, racconta Stefano Sozza, direttore del programma Afghanistan di Emergency, nel suo ufficio di un altro ospedale in Afghanistan della ONG, quello di Anabah. “Dopo circa 20 minuti dall’incidente, sono iniziati ad arrivare i primi pazienti. Se c’è un’esplosione, i feriti vengono portati nel nostro centro chirurgico che è l’ospedale di riferimento per feriti di guerra in città, che si tratti di feriti da schegge, proiettili, arma bianca. Se ci sono casi più critici e sono disponibili ospedali più vicini alla zona dell’attentato, questi vengono prima stabilizzati e successivamente portati da noi. In totale ieri ne abbiamo ricevuti 11, 10 uomini e una donna. Uno di loro era in condizioni critiche e lo è tuttora. Ha subito l’amputazione di una gamba, non siamo riusciti a salvargli l’arto. Aveva poi sul corpo diverse “shell injuries” (ferite da scheggia, ndr) profonde.”

A proposito di queste ferite, spiega che “questi ordigni esplosivi, come quello che è stato collocato sotto al minivan esploso ieri sera, sono spesso farciti di oggetti acuminati come chiodi e quando l’esplosione avviene queste minuscole schegge taglienti possono essere proiettate anche a metri di distanza. Spesso arrivano pazienti con schegge conficcate ovunque, nel volto, nell’addome. In base alle condizioni del paziente, facciamo dei raggi per capire dove sono localizzate queste “shells” e in base alla sede i pazienti vengono condotti in sala operatoria per ricevere una laparotomia se la sede interessata è l’addome, una craniotomia se è interessata la testa come nel caso del paziente di ieri, e così via”.

“Nel caso di ferite superficiali, come per gli altri dieci pazienti che abbiamo ricevuto nel nostro ospedale ieri sera, si procede solitamente a un “debridement”, la pulizia delle ferite per evitare conseguenze a breve e lungo termine. Alcuni feriti dell’attentato sono già stati dimessi, altri sono ancora ricoverati in osservazione, il più critico, invece, è intubato in terapia intensiva e non sappiamo ancora se ce la farà o meno”.

L’attentato è stato rivendicato dallo Stato Islamico, come già era successo alla fine di ottobre per un episodio analogo nella stessa area. Il quartiere di Dasht-e-Barchi a maggioranza hazara sciita era già stato colpito il 26 ottobre scorso, quando un ordigno era esploso in una sala da boxe, provocando 4 morti e almeno 7 feriti gravi. In quel caso, l’ospedale di Emergency non aveva ricevuto pazienti.

Dall’inizio del 2023, due “mass casualties” sono state gestite dall’ospedale di Emergency a Kabul. Un numero estremamente inferiore, ammette Stefano Sozza, rispetto a quelli ai quali l’ONG era stata abituata nella sua lunga attività umanitaria nel Paese e anche rispetto al solo 2022, quando per 28 volte il nostro ospedale ha ricevuto vittime di attentati o esplosioni, con il coinvolgimento di oltre 380 pazienti. In una “mass casualty”, un ospedale mette in pausa le attività ordinarie per rispondere al flusso massiccio di pazienti in entrata con un possibile alto numero o un’alta frequenza. . “Nel gennaio del 2023, l’attentato si è verificato a meno di un chilometro dal nostro ospedale. La notizia, pertanto, in quel caso ci è arrivata all’istante, dall’esplosione che abbiamo sentito dalla nostra struttura. Si è trattato di una delle maggiori mass casualties negli ultimi due anni, in cui siamo stati costretti ad adibire anche la mensa dei dipendenti per accogliere i feriti. In quella occasione, si trattava di un attacco suicida fuori dal Ministero degli affari esteri, quindi con un target prettamente politico, in seguito al quale abbiamo ricevuto 47 pazienti. In marzo, il nostro ospedale di Kabul è stato interessato da un’altra mass casualty: questa volta si trattava di un attentato con un ordigno improvvisato collocato all’ingresso di un centro commerciale, mirato a colpire quindi soprattutto civili. Ne abbiamo accolti 15. Da aprile a ottobre, la situazione sembrava essersi stabilizzata”.

Dal ritiro delle truppe americane dal Paese e dall’ascesa dei talebani nell’agosto del 2021, è innegabile che il numero di attentati si sia drasticamente ridotto, tanto che nel centro per vittime di guerra di Kabul si curano oggi molto spesso feriti da incidenti stradali o da colpi di arma da fuoco esplosi in ambienti domestici o per faide familiari o criminalità. L’esplosione del minivan si registra, però, a una distanza troppo ravvicinata da quella precedente di ottobre, rivendicata dallo stesso gruppo terroristico e contro lo stesso quartiere, per non destare la preoccupazione di una recrudescenza delle violenze nel Paese. Lo Stato Islamico di Korasan è il gruppo in prima linea contro il regime talebano, responsabile di una strategia del terrore che fa vittime, come sempre, soprattutto tra i civili. Accanto ad esso, si schierano, però, tanti altri gruppi di opposizione dell’attuale governo de facto: piccoli, frammentati tra loro, troppo poveri per mettere in discussione il potere talebano, ma potenzialmente letali e in ascesa. Non resta che sperare che il lungo inverno afghano faccia la sua parte, e che, come è già successo in passato, con la sua neve rallenti possibili nuove ondate di violenza. Pagine Esteri