di Massimo D’Angelo
Pagine Esteri, 20 novembre 2023 – Alla fine, l’ultraliberista antisistema Javier Milei ha vinto, confermando i pronostici iniziali e spostando l’Argentina decisamente a destra in un continente sudamericano in cui la sinistra ha riconquistato molto terreno negli ultimi anni. Con oltre il 55 percento dei voti, Milei sarà il nuovo presidente della Repubblica Argentina.
Le elezioni sono state definite le più incerte dal ritorno della democrazia in Argentina, quarant’anni fa, nel 1983.
Durante il primo turno, contrariamente ai pronostici e ai sondaggi, il partito progressista, giustizialista e peronista è arrivato primo, con l’attuale Ministro dell’Economia Sergio Massa che aveva ottenuto il 36,7% dei voti, mentre Milei – favorito da tutti – si era fermato al 30% dei voti.
I risultati del primo turno avevano dunque ribaltato a sorpresa i pronostici, dimostrando quanto fosse ancora vivo e potente l’apparato peronista nel paese. Contro ogni aspettativa, Massa era riuscito a dimostrare una buona capacità di raggiungere le sacche più povere del paese, le periferie e, soprattutto, di non essere l’uomo di Cristina Kirchner, già ex presidente e vicepresidente in carica della Repubblica Argentina. Kirchner, attualmente in attesa di giudizio da parte della Corte di Cassazione, dopo essere stata condannata a sei anni per corruzione dal tribunale di primo grado, è considerata da molti da tempo l’esponente politica più potente del partito. I suoi scontri con l’uscente presidente Fernandez, selezionato da lei stessa in passato, hanno portato alla scelta di un candidato di compromesso come Sergio Massa. Tuttavia, durante la campagna elettorale la ex presidente non ha speso una parola per il candidato del suo partito.
Dall’altro canto, Milei è riuscito a riconfermare l’appoggio del suo elettorato ottenuto durante il primo turno, oltre a conquistare il supporto dell’elettorato della coalizione di centrodestra, che era arrivata terza al primo turno. A poche ore dalle aperture delle urne, l’ex presidente della coalizione conservatrice Mauricio Macri ha dichiarato su X di votare a Milei, invitando l’elettorato di centrodestra a sconfiggere il candidato peronista Sergio Massa. L’Argentina rimane un paese fortemente polarizzato, e l’odio per il peronismo, potente macchina politica che domina il paese da decenni, si è catalizzato premiando il candidato ultraliberista Milei.
Milei si è presentato come il tipico candidato populista di estrema destra. La sua vicepresidente è un’alleata del partito spagnolo di estrema destra Vox. Si è dichiarato favorevole all’abolizione della banca centrale, alla totale dollarizzazione del Paese (nonostante le critiche sostenendo che il paese non disponga di sufficienti riserve di dollari) e a politiche controverse come la legalizzazione della vendita di organi umani. È inoltre contrario all’aborto, da poco legalizzato nel paese. Gli analisti individuano nel suo carisma anticonvenzionale e nella sua promessa di totale cambiamento la ragione del suo successo presso l’elettorato in difficoltà sociale ed economica.
Due i problemi imminenti per il nuovo presidente della repubblica: innanzitutto, occorrerà vedere cosa accadrà a partire da martedì, sui mercati finanziari. Secondo alcuni economisti, se Milei avesse vinto e dovesse insistere sulla dollarizzazione, l’aspettativa di svalutazione sarà così grande che il dollaro non avrà un tetto nel breve termine, a un punto tale da non poter prevedere cosa accadrà. In secondo luogo, Milei sarà costretto a trovare un compromesso politico. Entrerà in carica con soli 39 deputati su un totale di 257, mentre la maggioranza assoluta e il quorum richiedono 129 deputati. Milei avrebbe bisogno di altri 90 deputati per ottenere la maggioranza della camera bassa, una soglia molto alta. Il centrodestra potrebbe aggiungere i suoi 41 deputati, ma la somma ancora non sarebbe sufficiente, e all’amministrazione Milei mancherebbero quindi 49 per il quorum. Guillermo Francos, il principale consigliere politico di Milei, si è già espresso con parole molto conciliatorie: “La politica è dialogo, e lo è ancora di più quando al governo mancano le maggioranze parlamentari”. Al Senato, il rapporto di forza sarà peggiore per Milei perché lì il peronismo avrà la sua propria maggioranza autonoma.
Nonostante le proposte politiche provocatorie di Milei, il nuovo presidente si dovrà confrontare con un paese fortemente polarizzato, una maggioranza assente in parlamento e una situazione finanziaria disastrosa, per la quale sarà necessario aiuto esterno. I rischi sono molti, e perseguire una politica incendiaria potrebbe non favorirlo. Bisognerà capire quali saranno le sue prossime mosse politiche. Chissà che non si avveri il pronostico del suo oppositore Massa, il quale aveva dichiarato in campagna elettorale che se non fosse diventato presidente a questa tornata elettorale, lo sarebbe diventato entro un anno. Pagine Esteri