di Michele Giorgio

(In evidenza la prigione israeliana di Ofer, foto wikimedia commons)

Pagine Esteri, 26 novembre 2024 – In risposta a una petizione presentata da organizzazioni per i diritti umani, le autorità carcerarie israeliane hanno ammesso che circa un quarto dei prigionieri politici palestinesi sono stati infettati dalla scabbia a causa delle scarse condizioni igieniche, della ventilazione inadeguata e della mancanza di beni di prima necessità. La petizione accusa le autorità non ha adottato le misure necessarie per impedire la diffusione della malattia. L’epidemia di scabbia si aggiunge alle lamentele dei circa 10mila detenuti palestinesi per la mancanza di assistenza medica e l’eccezionale sovraffollamento delle celle.

La scabbia è causata da acari, che scavano sotto la pelle e depongono le uova. Provoca eruzioni cutanee, irritazioni e ulteriori complicazioni.

Nell’ultimo anno 2.874 prigionieri hanno contratto la malattia contagiosa della pelle e 1.704 di loro risultano ancora infetti.  “I dati attuali rivelano che 430 prigionieri nelle prigioni di Ramon e Nafha stanno lottando contro questa condizione, insieme a 596 a Megiddo e 566 a Ketziot, riferiscono i centri per i diritti umani. Numerosi casi sono stati segnalati anche nella prigione di Ofer.

I prigionieri affermano che il trattamento che subiscono è deliberato e non frutto di negligenza. Secondo il Palestine Detainees Studies Center, circa il 60 percento dei palestinesi nelle carceri israeliane soffre di malattie croniche.

A Gaza sotto attacco, intanto, si aggravano le condizioni di vita della popolazione. Nei giorni scorsi migliaia di tende di famiglie palestinesi sfollate a causa dell’offensiva israeliana contro Gaza sono state spazzate via dal mare, dalle piogge torrenziali e dal vento. Gli accampamenti di tende fatte di stoffa e plastica di Mawasi (Khan Yunis) si sono allagati. Gli sfollati avevano scavato dei canaletti per far defluire l’acqua lontano dalle tende, ma non è servito ad evitare la nuova catastrofe.  Molte tende utilizzate per un anno sono usurate e non offrono più protezione, ma il prezzo delle nuove e dei teli di plastica è salito alle stelle e poche famiglie possono permettersi la spesa.

Per l’Ufficio stampa di Gaza, l’81% delle tende non sarebbe più utilizzabile. Su 135.000 tende, 110.000 hanno urgente bisogno di essere sostituite. L’agenzia dell’Onu Unrwa (Onu) aggiunge che 500mila sfollati sono minacciati dalle inondazioni e che le basse temperature avranno ripercussioni su migliaia di persone malnutrite e di fatto all’aperto.

La casa di Rami Abu Ghazaleh (foto Ultrapalestine)

A Khan Yunis non si lasciano prendere dalla disperazione e cercano soluzioni per l’inverno. Non pochi scavano tra le macerie delle loro case distrutte ed estraggono pietre e mattoni ancora utilizzabili per ricostruire parti delle abitazioni. Altri costruiscono come possono un paio di stanze con il tetto di lamiera e si sistemano in esse, preferendole alla vita in tenda. Come Rami Abu Ghazaleh. Faceva il muratore prima dell’offensiva israeliana, ha mescolato fango e paglia al posto del cemento ed è riuscito a dare un rifugio coperto e più privato alla sua famiglia. «Vivevamo a Zenna (un quartiere di Khan Yunis, ndr), la nostra casa è stata distrutta dai bombardamenti israeliani come tutte le altre in quella zona», ha raccontato a giornalisti locali «da allora siamo stati sfollati più volte e abbiamo passato mesi nei campi di tende, la vita è impossibile negli accampamenti». Non è la prima casa di fango e paglia costruita da Abu Ghazaleh. Nelle settimane passate un raid aereo aveva vanificato tutto il suo lavoro. Ma non si è arreso, ne ha costruito un’altra e ha riciclato pezzi di mobili e legno per la porta e le finestre. «Viviamo come i nostri avi, in abitazioni fatte con il fango e la paglia. Però una casa costruita in questo modo è meglio mille volte di una tenda», ha affermato.

Dal cielo su Gaza non cade solo la pioggia. Gli attacchi aerei israeliani si sono intensificati ovunque. A Rafah, sul confine con l’Egitto, un raid ha ucciso almeno quattro persone mentre i carri armati avanzano ancora nel nord effettuando incursioni a Beit Hanoun e Beit Lahiya. A Jabaliya sette palestinesi sono stati uccisi da un razzo. I droni israeliani hanno sganciato altri volantini su Shujayeh (Gaza city) e Beit Lahiya ordinando agli abitanti di dirigersi a sud prima che comincino gli attacchi in quelle zone.